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IL GRANDE DEPRESSO
ovvero dell'impossibilità di essere felici
Mi svegliai di soprassalto nel cuore della notte. Qualcuno armeggiava
intorno alla finestra della cucina. Non stavo sognando. Me lo ricordava quel
maledetto cerchio alla testa che mi aveva convinto ad andare a letto così
presto. Alcool e fumo avevano lasciato tracce incontrovertibili sui miei già
provati neuroni insieme ad una vaga sensazione di fine imminente e di
qualcosa che sarebbe dovuta accadere.
Forse era giunto il momento.
Un rumore di vetri rotti riecheggiò nella notte.
"La bottiglia di Merlot in cucina" pensai.
"Cazzovaffanculovaccatroiaputtanazoccolamiseriaccianera!!!" fu quello che
riuscii a capire dell'urlo strozzato che ruppe il silenzio della casa.
"Chi è?" urlai comprensibilmente spaventato accendendo la luce sul comodino.
"Minchiaccia, mi sono tagliato!" proferì la voce che ora si faceva più vicina.
Mi irrigidii sotto le coperte e afferrai la prima cosa che mi capitò per le
mani. Visto che era un preservativo, optai più razionalmente per la
bottiglia di vino che tenevo sempre vicino al letto. Stranamente era quasi piena.
"Hai un cerotto, per piacere?"
Era lì, sulla porta della stanza, un signore brizzolato di mezz'età, con due
baffetti che spiccavano sulla barba incolta e un paio di occhiali con la
montatura di osso nero. Era scalzo ed indossava uno strano eskimo bianco.
Una capigliatura arruffata e incomprensibile incorniciava uno sguardo
malinconico e profondo e ebbi l'impressione che si preoccupasse più del
dovuto del taglietto che gli sanguinava sul dorso della mano. Ero
sconcertato perché ogni traccia di paura era come scomparsa ed ero lì
tranquillo ad indicare il cassetto con i cerotti a quello strano tipo.
"Chi sei? Cosa vuoi?" (non fui molto originale, lo ammetto, ma fu la prima
cosa che mi venne in mente.)
"Sono Dio"
"Oh cazzo!" pensai
"Quale Dio?" chiesi interreligiosamente
"Sarebbe troppo lungo spiegartelo"
Non ci fu bisogno di aggiungere altro. Sapevo che stava dicendo la verità.
Nonostante tutto, esisteva. Ma chi era?
Ero confuso ed imbarazzato. Dio a casa mia! Il Principio e la Fine di tutto,
la Risposta-a-tutte-le-domande, il Grande Vecchio, lo Scrittore più venduto
e tradotto della storia era qui nella mia stanza e stava parlando con me! E,
cazzo, non mi ero nemmeno lavato i denti. Sedetti sul letto e nella luce
soffusa dell'abat-jour vidi che mi fissava attento. Il cuore cominciò a
battermi all'impazzata. Non riuscivo a parlare, il cervello era come
bloccato. Approfittando di questa situazione, l'istinto prese il sopravvento
e guidò la mia mano verso la canna avanzata dalla sera prima e l'accesi. Mi
sentii subito molto meglio. Chiusi gli occhi e feci mente locale: sono nella
mia stanza, c'è Dio qui di fronte che mi ha chiesto un cerotto, ed io mi sto
fumando una canna... Mi sto fumando una canna?!
"Cristo!" esclamai, cercando un posacenere per spegnere lo spino quando la
sua voce rauca e baritonale disse: "No, sono solo. E non farti troppo
problemi: la marijuana se ci pensi bene l'ho creata io. Quello che mi fa
incazzare è quanto ve la fanno pagare".
"Stai calmo" pensai "Stai calmo... C'è solo Dio che ti sta dicendo che la
maria costa troppo."
Ero eccitatissimo: dalle poche cose che aveva detto, da come le aveva dette
e dal modo in cui era vestito non c'era alcun dubbio: Dio era di sinistra.
Questo pensiero mi esaltò non poco.
Un dubbio però sorse imperioso ad imporsi alla mia attenzione: se Dio è di
sinistra, come mai le cose nel mondo vanno così male? Stavo per porgli
questa domanda quando la possibile risposta mi terrorizzò: e se le cose
andassero male proprio perché Dio è di sinistra? Non ci sarebbe stato
scampo. Il mondo sembrò crollarmi addosso.
"Beh, non dici niente?"
La sua voce interruppe il corso delle mie disperazioni.
"Cazzo, sono venuto qui a fare due chiacchiere e tu te ne stai lì come un
idiota con la bocca aperta senza dire una parola... Cos'è, ti ha preso male
il fumo?"
"No... è che io... insomma... non so... è che... perché proprio io?"
"Mah, veramente non lo so bene nemmeno io. Forse pensavo che tu potessi
capirmi"
"Io capire te?"
Scandivo le parole completamente sbigottito. Lo osservai meglio: non aveva
un gran bell'aspetto. Appariva trascurato, con l'eskimo macchiato, le unghie
sporche e tagliate male. Nonostante lo sguardo vivo e profondo e
l'espressione franca e simpatica, emanava una certa tristezza.
"Sì, forse tu mi puoi capire un po'. Sai sono proprio depresso"
"Anche tu depresso? Ma come cazz... cioè... non capisco... com'è possibile?"
"Sì sono depresso! Hai capito bene... Dio è depresso. Che non ci credi? Lo
trovi strano?"
Il tono era un po' piccato, per cui, per non innervosirlo (era pur sempre
Dio, cazzo!), evitai di dirgli che sentirsi dire da Dio che è depresso non è
proprio quello che si suol dire il massimo della normalità. Quindi feci
finta di niente. Mi accorsi che mi piaceva. Ispirava fiducia (d'altronde
c'era un mucchio di gente che credeva in Lui) ed era proprio simpatico.
"Come mai sei depresso?" chiesi così, giusto per dire qualcosa
"E mi chiedi pure perché?" disse facendo qualche passo avanti e sedendosi
sul mio letto.
Gli passai la canna, fece un lungo tiro e lentamente espirò il fumo che salì
lentamente illudendosi di andare chissà dove.
"È che non me ne riesce bene una. Mi sento un incapace, un fallito... ho la
sensazione di fare una cazzata dietro l'altra. A dirti la verità, ho
cominciato male sin all'inizio. Adamo mi è venuto un perfetto coglione,
mentre ad Eva non darei poi tante colpe. Con la prospettiva di vivere
l'eternità nell'Eden con un tipo come Adamo, tu che avresti fatto al suo
posto?"
"È vero" pensai "non avevo mai considerato questo punto di vista"
XXX
"E le cose dopo - proseguì- non sono certo andate meglio. Caino ed Abele,
per esempio. A me rimane ancora il dubbio se fosse Caino ad essere troppo
cattivo o Abele troppo buono. Per inciso, ho sempre odiato i primi della
classe. Fatto sta che con il moltiplicarsi degli esseri umani si
moltiplicarono anche i problemi. Più per colpa degli uomini che delle donne,
però. Questo secondo me perché gli uomini li ho creati pensando che
dovessero esser fatti in un certo modo, preciso, stabilito, con certe
caratteristiche, eccetera. Era come assolvere ad un dovere, insomma, un
dovere morale, ma pur sempre un dovere. Con la donna invece è stato
diverso... l'ho fatta proprio come piaceva a me. Ed è venuta benissimo..."
Assentii energicamente mentre lui soffermava lo sguardo compiaciuto sul
poster di Marylin appeso sopra il mio letto.
"E ho provato subito una grande invidia per l'uomo. Non se la meritava. Ma
sai, nonostante quello che si dice in giro, io fondamentalmente sono buono."
Si interruppe per chiedermi ancora un altro tiro.
"Ne hai ancora?", mi chiese. Feci segno di sì. "Bene. Allora facciamocene
un'altra... è roba buona, sai".
Ero felicissimo. Era Dio o la canna? Francamente non pensavo che in vita mia
mi sarei mai posto una domanda del genere. E mentre preparavo l'occorrente,
ricominciò a parlare.
"Insegnai a Noè a fare il vino, sicuro che questo avrebbe messo fine a tutti
i problemi. Ma mi sbagliavo anche questa volta."
Si andava accalorando.
"Ma mi spieghi come cazzo si fa a vivere male, a fare le guerre, a rubare,
ad essere tristi e tutto il resto quando si può scopare, ubriacarsi, fumare,
leggere, suonare, dipingere, scrivere, divertirsi? Come si fa a partire per
la guerra quando si potrebbe rimanere a casa fra le cose che si amano di
più? Pensavo a tutto questo  mentre facevo le cose in un certo modo. Ormai
penso che se vi avessi fatto veramente a mia immagine e somiglianza vi
divertireste molto di più. Chissà invece a cosa cazzo stavo pensando..."
Era veramente molto depresso ed io non trovai niente di meglio che
allungargli il Barbera che tenevo vicino al letto. Ne prese un lungo sorso e
riprese più confortato.
"Invece la situazione stava precipitando. Avrei dovuto accorgermene quando
chiesi ad Abramo di uccidere suo figlio, così tanto per farmi piacere.
Gliel'avevo detto così per scherzo, mentre stavamo bevendo proprio come
adesso io e te. Dopo un po' che me ne ero andato, quel coglione non lo stava
facendo?! Ti rendi conto? Gli dico: 'Va e fa fuori tuo figlio' e quello
neanche mi manda a fanculo. E l'autonomia di pensiero? E lo spirito critico,
cazzo? Non ho creato anche questo? Sta di fatto che lo bloccai appena in
tempo. Dio, se ci ripenso... Comunque fu in quel periodo che mi accorsi di
avere i primi sintomi della depressione. Non mi andava di fare un cazzo,
delegavo, delegavo... E delegando delegando chiesi a Mosè di scrivere una
decina di regole chiare per farvi vivere tutti più contenti. Pensavo potesse
servire a qualcosa, anche se il mio motto preferito è 'fanculo le regole'.
Se solo avessi immaginato le cazzate che quell'esaltato avrebbe scritto su
quelle tavole di merda. Ma ormai il danno era fatto..."
Avevamo acceso l'altra canna e stavamo fumando placidi e tranquilli. Che
senso aveva tutto questo? Come sarebbe finita? Il corso dei miei pensieri
venne ancora una volta interrotto dalle sue parole.
"Ad un certo punto dissi basta! Volevo veramente rimettere le cose a posto
ma senza ricorrere ad un altro diluvio. Così decisi di mandare mio figlio.
Lui sapeva bene cosa dire. Però decisi che prima avrebbe dovuto fare la
gavetta: sarebbe nato, cresciuto e avrebbe fatto tutto come una persona
qualsiasi. Per farlo nascere scelsi un bravissima ragazza, molto bella,
dolce, intelligente e con un corpo da urlo. Si chiamava Maria... ti ricorda
niente questo nome?" disse strizzando l'occhio e passandomi lo spinello.
Scoppiamo a ridere entrambi, di un riso allegro, spensierato ed
incontrollato. Ridemmo a lungo e senza riuscire a fermarci, con le lacrime
agli occhi e i muscoli dello stomaco che cominciavano a farmi dannatamente
male. Era proprio simpatico ed aveva un gran senso dell'umorismo. Riprese
quello che ormai si andava sempre più caratterizzando come un amaro sfogo
esistenziale.
"Venne al mondo così Gesù, mio figlio. E cosa fece? Miracoli. Cosa disse?
'Smettetela di fare i pirla'. E cazzo quanto si divertivano: il vino a Cana,
le mangiate di pane e di pesce, e le donne poi... E allora che fanno quegli
stronzi: me lo ammazzano! Beh, ti giuro che non ci ho visto più... mi sono
così incazzato, ma così incazzato... insomma ho fatto il Grande Casino,
l'Emerita Cazzata: ho inventato la Chiesa Cattolica. Sì, lo so, è stata una
punizione sproporzionata, in fondo mio figlio era resuscitato... consideralo
un momento di debolezza. A cui però, per essere onesti fino in fondo, ho
cercato di porre rimedio. Rimanga tra noi: chi credi che abbia dato
l'imbeccata a quel coglione di Marx?".
Rimasi di sasso.
"No! Tu... vuoi dire che... cioè 'Il Capitale'..."
"... l'ho scritto io."
Sentivo che stavo per avere un mancamento
"Volevo riparare all'errore commesso, te l'ho detto, ma hanno incasinato
tutto anche questa volta. Ma è possibile che sia così difficile per voi
vivere bene? Io non voglio che la gente creda per forza in me quando nemmeno
io mi stimo molto... Ma, cazzo, io voglio solo che vi divertiate, che
viviate bene, che godiate. Vi ho creato per questo. Certo, non dico che
possiate divertirvi quanto noi quassù, quanto vi divertirete "dopo". Ma
altro che valle di lacrime: questa cazzata ve la siete inventata voi!"
Ormai eravamo fatti. Avevamo finito il vino e la seconda canna e stavamo
accendendo la terza. Divenne improvvisamente triste.
"Guarda che hanno combinato: hanno ammazzato il Che! E John Lennon! E tra
Cina, Russia e Cuba hanno mandato a puttane anche quel po' di buone idee mi
erano venute (non senza una certa fatica, tra l'altro). Per non parlare
dell'Italia: tra il Papa e Berlusconi, quando vi passa più!"
Era affranto.
"Perché tutto quello che faccio finisce male?"
Era finita anche l'ultima canna e fuori ormai albeggiava. I primi chiarori
di quel nuovo giorno irrompevano indesiderati nella stanza. Rimanemmo in
silenzio per un po'. Sino a quando la sveglia non suonò: era ora di andare a
lavoro. Fu allora che si alzò. Sembrava stanchissimo. Si chinò su di me, mi
abbracciò e mi sussurrò un dolcissimo "Grazie" che l'odore del vino e del
fumo resero ancora più dolce. Eravamo tristi e malinconici. L'avrei più
rivisto?
Si allontanò lentamente e lo vidi uscire dalla stanza senza voltarsi. Udii
di nuovo il rumore di vetri infranti ed una bestemmia risuonò baritonale e
rauca nella notte.
"Cazzo - pensai - anche l'ultima bottiglia di Merlot!"
Mi alzai, feci la doccia e ripensai a quella fantastica notte. Ero stato
bene, ma ora la depressione cominciava di nuovo a farsi sentire. Ero stanco,
nauseato, senza energie. Niente aveva significato. Mi vestii in preda ad
un'incontenibile tristezza e cominciai a piangere. Un pianto lieve e
sommesso, senza singhiozzi, con le lacrime che traboccavano fuori piano,
dolcemente, da dentro, coma da un bicchiere troppo pieno.
Entrai in cucina per farmi il caffè e con mai grande sorpresa trovai sul
tavolo tanti ricordini. C'erano 20mila lire ("per le bottiglie rotte",
diceva il biglietto), un enorme tocco di fumo dall'odore straordinario
("deve essere buono, l'ho preso a mio figlio", c'era scritto
sull'involucro), una bustina con dei semi dentro ("così non dovrai più
comprarla") e un foglietto con su il nuovo numero di telefono di una mia
amica di Milano che non riuscivo più a rintracciare.
Ricominciai a piangere, ma questa volta di una gioia malinconica e profonda.
In fondo avevo scoperto che Dio era di sinistra, che non era poi questo
padreterno che si diceva in giro e che se dipendesse da lui, le cose
andrebbero sicuramente meglio. Ma di questo non si poteva incolpare nessuno
se non noi stessi.
Uscii di casa sorridendo nonostante la depressione.
"Sto da Dio" pensai.

bertrandmorane68, 04/03/01 (da Libri e letteratura Yahoo It)